Salvatore Argenziano – Rafèle

Inserito da: · Gennaio 20, 2012

Il profumo del caffè che scendeva lo scosse dal torpore del dormiveglia. Tra poco Ninuccia, dalla cucina, avrebbe detto: “Rafè, u ccafè”. Era la sveglia pomeridiana alla sua mezora sul terrazzo. All’una mpunto aveva chiuso le due pacche del portone del negozio, salutato con un cenno di mano il putecaro di fronte, e poi si era fatto lo scarpinetto in salita verso casa.

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Menumale che corso Avezzana era all’ombra. Lui non li pariava i clienti dell’ultima ora, quelli che costringevano i negozianti di Torre a chiudere alle due. Non era proprio nato negoziante e mo, in vecchiaia, doveva adattarsi a questo mestiere. Voleva pranzare presto e leggersi il giornale, stiso luongo sulla sdraio, al fresco del terrazzo della cucina. La prima, la seconda pagina e poi s’appapagnava. Il terrazzo al quinto piano guardava la muntagna ed era fresco anche nelle ore della calandrella. Da lì poteva vedere astichi e logge delle vecchie case di via Sedivola e via Cappuccini.

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